Dalle radici militari alle palestre di tutto il mondo: il viaggio del sambo, un’arte marziale unica creata per forgiare corpi, menti e identità collettive.
Introduzione
Il sambo è molto più di una disciplina sportiva: è una filosofia, una tecnica, un pezzo di storia dell’Unione Sovietica. Nato negli anni ’30 come risposta strategica e culturale alle esigenze militari, il sambo rappresenta l’incontro tra le tradizioni di lotta locali, il judo giapponese e il pragmatismo militare sovietico. La sua evoluzione ha segnato intere generazioni, diventando uno strumento di educazione fisica e morale nelle scuole militari, nei club sportivi e, più tardi, sul palcoscenico delle competizioni internazionali.
In questo articolo esploreremo le origini e lo sviluppo del sambo, soffermandoci non solo sugli aspetti tecnici e competitivi, ma anche su quelli culturali e umani. Racconteremo le vite dei suoi due padri fondatori, Viktor Spiridonov e Vasily Oshchepkov, senza dimenticare il significato ideologico e formativo che il sambo ha rivestito nella società sovietica e post-sovietica.
- Le origini del sambo: autodifesa e innovazione tattica
Il termine “sambo” è l’acronimo di SAMozashchita Bez Oruzhiya, ovvero “autodifesa senza armi”. Questo sistema di combattimento è stato sviluppato tra gli anni ’20 e ’30 all’interno delle istituzioni militari e sportive dell’Unione Sovietica.
L’obiettivo era semplice ma ambizioso: creare un metodo di autodifesa efficace, accessibile e scientificamente fondato, in grado di preparare i soldati sovietici a ogni tipo di combattimento corpo a corpo, attingendo tanto alla tradizione locale quanto alle esperienze internazionali.
A rendere possibile questa sintesi furono due figure centrali, entrambi pionieri e visionari: Vasily Oshchepkov e Viktor Spiridonov.
2. Vasily Oshchepkov: il ponte tra Oriente e Occidente
Nato nel 1893 a Sachalin, Vasily Sergeyevich Oshchepkov è stato uno dei primi europei a ottenere il grado di nidan (secondo dan) nel judo, studiando direttamente sotto la guida di Jigoro Kano, il fondatore di questa arte marziale.
Oshchepkov visse diversi anni in Giappone, dove apprese non solo le tecniche del judo, ma anche la filosofia educativa e metodologica su cui si basava. Tornato in URSS, capì il potenziale rivoluzionario di un’arte marziale scientifica e sistematizzata, e si impegnò per adattare il judo alle esigenze sovietiche.
Nel 1930 cominciò a insegnare questa disciplina nelle scuole militari dell’Armata Rossa, ma con un approccio flessibile: introdusse elementi delle lotte tradizionali delle varie etnie sovietiche (georgiana, uzbeka, kirghisa, ecc.), dando vita a un sistema ibrido, efficace e pragmatico.
Tragicamente, Oshchepkov fu arrestato durante le purghe staliniane del 1937 con l’accusa infondata di essere una spia giapponese, e morì in prigione. La sua morte è uno dei grandi paradossi del sambo: il fondatore della disciplina fu vittima dello stesso regime che cercava di celebrare la sua creazione.
3. Viktor Spiridonov: la via del pragmatismo e della sopravvivenza
Nato nel 1882, Viktor Afanasyevich Spiridonov era un veterano della guerra russo-giapponese, durante la quale rimase gravemente ferito. A causa delle sue limitazioni fisiche, non poté praticare le tecniche più spettacolari o esplosive del judo, ma sviluppò un approccio più fluido, meno aggressivo e più strategico alla lotta.
Lavorando come istruttore presso il Dipartimento per gli Affari Interni (NKVD), Spiridonov creò un sistema di autodifesa pensato per funzionare in situazioni di reale pericolo, su terreni irregolari, in spazi stretti, anche con abiti civili. Le sue tecniche, ispirate anche alle antiche scuole russe di ryukopa, ponevano l’accento sull’efficienza e sulla sopravvivenza, più che sull’estetica o sull’agonismo.
Il suo metodo e quello di Oshchepkov, pur partendo da presupposti diversi, finirono per convergere in un sistema comune, codificato negli anni successivi come sambo sportivo (orientato alla competizione) e sambo combat (per applicazioni militari e di polizia).
4. Il sambo nell’URSS: disciplina, ideologia, appartenenza
Nel contesto sovietico, il sambo non era solo un’arte marziale: era uno strumento ideologico.
Negli anni ’40 e ’50 venne integrato nei programmi di educazione fisica delle scuole e nei percorsi di formazione militare. Praticare il sambo significava rafforzare lo spirito patriottico, la disciplina e la preparazione alla difesa della madrepatria.
“Il sambo era lo specchio perfetto dell’ideale sovietico: forza, controllo, collettività.”
Nel 1938 si tenne il primo campionato sovietico ufficiale, segnando l’inizio della fase sportiva del sambo. Da quel momento, il sambo divenne un laboratorio per formare non solo soldati, ma anche atleti di alto livello.
5. Il sambo come sport: nascita di una disciplina internazionale
Durante la Guerra Fredda, il sambo fu anche un mezzo per affermare la supremazia sovietica nelle competizioni internazionali. I campioni di sambo rappresentavano non solo la loro nazione, ma un intero sistema politico e culturale.
Negli anni ’60 e ’70, il sambo cominciò a diffondersi nei paesi satelliti dell’URSS e poi in Europa, Asia e America Latina. Nel 1984 venne fondata la FIAS (Federazione Internazionale di Sambo), che oggi coordina le competizioni mondiali e promuove il riconoscimento olimpico della disciplina.
Tra le figure più note del sambo moderno spicca Fedor Emelianenko, pluricampione mondiale di sambo e leggenda delle arti marziali miste (MMA), che ha saputo portare questa disciplina nell’immaginario globale.
6. Tecnica e filosofia: il sambo tra pragmatismo e controllo
Il sambo si distingue per la sua versatilità: è efficace tanto in contesti sportivi quanto in quelli reali. Le tecniche includono:
- Proiezioni
- Leve articolari
- Immobilizzazioni
- Tecniche di transizione veloce
- Grappling
La variante “combat sambo” include anche colpi (pugni, calci, ginocchiate) ed è usata nei reparti militari e nelle forze dell’ordine.
Dal punto di vista filosofico, il sambo insegna il controllo dell’avversario e di sé stessi. Più che la vittoria, conta la capacità di affrontare la pressione, di adattarsi e resistere.
“La vera forza del sambo è mentale: saper restare calmi nel caos.”
7. Il futuro del sambo: riscoperta e valorizzazione
Oggi il sambo sta vivendo una fase di espansione e riscoperta. In paesi come Italia, Francia, Stati Uniti e Giappone, cresce il numero di praticanti e di centri sportivi dedicati. La FIAS sta lavorando per l’inclusione del sambo nel programma olimpico, riconoscendone il valore storico, tecnico e culturale.
Il sambo viene oggi praticato non solo da atleti professionisti, ma anche da bambini, donne e adulti che cercano un’attività completa, che unisca autodifesa, allenamento fisico e crescita personale.
Conclusione
Il sambo è molto più di una tecnica di combattimento. È una storia di resistenza, innovazione e identità. Nato per addestrare i soldati sovietici, è diventato uno sport globale, un metodo educativo, un ponte tra culture.
Attraverso le vite di Oshchepkov e Spiridonov, vediamo come le arti marziali possano essere strumenti non solo di difesa, ma di espressione culturale e personale.
In un mondo sempre più frammentato, il sambo ci ricorda l’importanza della disciplina, del rispetto e della capacità di adattarsi.
“Il sambo non è solo vittorie e medaglie: è amicizia, racconto, disciplina.”
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